giovedì 24 febbraio 2011

Lights out




Tanti, tanti pugni questo mese. Ho visto the Fighter, mi è salita la scimmia per Fight night: champion e per concludere sono ormai convinto che Lights out sia una cazzo di serie.
L'ex-campione dei pesi massimi si ritira dalle scene per tranquillizzare moglie e figlie (tre tutte femmine) che hanno assistito al suo ultimo incontro: in cui lui e un nero alto due metri si sono ridotti in poltiglia. Il nero lo batte ai punti, Lights lascia la boxe, molti lo considerano il vero vincitore, ma la cintura passa di mano.
All'inizio della storia Lights conduce una vita tranquilla facendo il mammo, seguendo la palestra che ha aperto con il padre e il fratello, ridipingendo lo steccato bianco di casa. Ma la recessione economica è dietro l'angolo e, quelli che a fine carriera sembravano davvero tanti, troppi, soldi, ora si sono volatilizzati, inceneriti dai cattivi investimenti del fratello-manager, dalle rette delle scuole private delle figlie, dalla scuola di medicina della moglie.
Lights è con le spalle al muro e, proprio in queto momento di difficoltà il suo vecchio sfidante lancia il guanto di sfida. La moglie si ribella, le figlie hanno paura e Lights scopre di essere affetto dalla sindrome del pugile suonato, un colpo male incassato lo può mettere K.o. per sempre.
Ora forse non sarà la storia più originale del secolo (magari non è neanche in top 100), ma il pugile che deve riconquistare la forma per tornare a essere il campione ha sempre avuto e sempre avrà il suo fascino; il fascino di ettolitri di sudore versati in una palestra decrepita, di corse per la città con la felpa con il cappuccio tirato su, il retrogusto amaro delle piccole sconfitte che guidano inequivocabilmente a una grande, ultima, vittoria. E sicuramente c'è anche il fascino delle sequenze di montaggio in cui la fatica non ci sembra tanta, in cui 5 minuti riassumono settimane di allenamenti estenuanti, in cui ci riescono quasi a far credere che alla fine se domani iniziamo a fare un po' di flessioni e piegamenti ce la possiamo fare anche noi, che il titolo non può essere così duro da conquistare.

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