domenica 8 agosto 2010

Paul Collins è più figo di Nick Hornby


Mi accorgo se mi piace particolarmente un film quando già dalle battute iniziali mi preoccupo che da un momento all'altro appaiano in titoli di coda, così finisce che lo vedo con l'ansia che si concluda e quello mi scivola via in un soffio. Se poi a piacermi tanto è un bel libro come "Al Paese dei libri" di Collins, allora il destino che mi si prospetta è ben più crudele; infatti se, come ci insegna il buon Einstein, il tempo è relativo, d'altro canto le pagine che si assottigliano nella nostra mano destra (se siete arabi nella sinistra), sono un'unita cronometrica fenomenale e ineluttabile. Come mio nuovo idolo letterario, dopo il Nick Hornby della rubrica dell'internazionale, Collins mi ispira un dazio da pagare alla meravigliosa follia delle sue pagine, come suo adepto seguirò il suo esempio: Collins potrebbe essere definito il Tarantino della letteratura, con un'inevitabile disavanzo di raffinatezza nel cambio tra cinema di serie B e letteratura ottocentesca di serie B.
Comunque per rendere omaggio al mio nuovo amore (sono molto volubile, appena un mese fa volevo sposare Joss Whedon per aver scritto Buffy) ,appena questo inferno del lavoro estivo (12 ore filate al giorno senza giorni liberi) finirà, andrò alla ricerca di libri dai contenuti improbabili da leggere e recensire sul Blog.

Conclusione fuori tema:
Ho un'immagine in testa: un lord inglese che sorseggia thè con gli stivali, sporchi del fango accumulato cacciando, poggiati sulla schiena di un servo chino in terra che dice rivolto a un'anacronistica telecamera: -Il lavoro Nobilita l'uomo!-

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