mercoledì 19 dicembre 2007

Essere e diventare


Mi sta di fronte.
Con quella sua aria da pulcino spaurito spilucca la tovaglia su cui sono rimaste le molliche del pranzo. Ha l’aria di chi si sforza di ricordare un avvenimento lontano.
Una ruga di espressione si forma fra gli occhi. E’ crucciata, intenta.
Non s’accorge che la osservo. Studio il suo volto e il mio sguardo scivola fra le rughe del suo viso.
Nelle altre stanze nient’altro che il silenzio che si fa eco da solo.
E’ strano pensare a lei come maestra, poi come madre di tre figli e infine come mia nonna.
Non ricordo molto di lei prima della malattia.
Gli odori però sono cambiati, ne sono sicuro.
La sua cucina era sempre un confortevole caos. Nascosto sotto il tavolo o dietro una sedia mi divertivo a rubarle la pasta frolla o semplicemente ad osservarla mentre impastava, mescolava, infornava e bolliva come fosse quattro persone.
Era il tempo degli odori di fritto, di dolci, di pesce di…
Ora tutta la casa odora di stanchezza.
I sorrisi bonari sul volto dei miei parenti si sono incurvati. Anche i brontolii di mio nonno sono diventati più stanchi.
Mia madre quando parla di nonna la descrive come una donna forte e autoritaria, ma ora sembra impossibile che un giorno fosse davvero così.
Ricordo che mi ha insegnato a scrivere sulla terrazza della casa al mare. Era severa finché durava la lezione, ma poi di nuovo dolce quando arrivava l’ora della merenda.
E ricordo anche le sue storie che parlavano degli eroi greci e di mostri leggendari.
Quelle stesse storie non hanno, ora che le leggo sui libri di scuola, lo stesso significato.
Ulisse non è più il personaggio di una favola e le arpie che attaccano Enea,non hanno più la voce gracchiante che faceva mia nonna per spaventarmi.
Mio nonno entra nella stanza trascinando i piedi come fossero fatti di piombo. Le toglie il grembiule e lo sgrulla con gesti che ormai sono soltanto la ripetizione di quelli del giorno prima e di quello prima ancora.
Sulla mensola della sala da pranzo c’è una loro foto scattata durante le nozze d’argento.
Sorridono tutti e due e si guardano con amore. Ora invece gli occhi di mio nonno sono vacui, annebbiati. Stare vicino a lei si fa ogni giorno più difficile eppure, quando incontra i suoi occhi, sorride e la chiama tesoro.
La malattia che la affligge sta cancellando, dalla mente di chi la conosceva, il ricordo della persona che era, sostituendolo con quello di una vecchina fragile e impaurita che non è mia nonna.
Per un attimo,solo per un attimo, mi sembra di scorgere sul viso di lei lo stesso sguardo di una volta, ma, come ho già detto, è solo un attimo.

Mia nonna soffre dell morbo d’Alzheimer da sette anni.

2 commenti:

Spiridion ha detto...

Non male il racconto, forse un pò troppo "sentito"... se elimini qualche inciso di troppo ne viene fuori un bel lavoro..

ps. il mio è solo un parere, prendilo con le molle, in fondo sono solo un ex studente di sceneggiatura!!!

Mimonte ha detto...

*spiridion
grazie del commento...è vero è troppo sentito,ma era inevitabile...forse non dovevo postarlo sul blog, ma è stato un modo di esorcizzare la cosa ^^

(P.S. hai ragione, gli incisi saranno la mia rovina)