venerdì 21 dicembre 2007

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Il colonnello si sedette di fronte all’uomo in manette. Un uomo sulla quarantina, abito molto elegante, gemelli d’oro ai polsini, scarpe lucide, occhiali firmati.
-Allora lei è il signor Mc Donnel?-
-Così pare-
-E’ inglese vero?-
-Dice così il documento no?-
-Parla italiano molto bene, ha anche un nome italiano vedo…è di qui?-
Il carabiniere attese una qualche reazione da parte dell’altro.
-Va bene, capisco, cominci pure a raccontarmi tutto dal principio-
Mc Donnel si mosse con lentezza si portò col sedere sul bordo della sedia, sporse le braccia sul tavolo, e fissò il suo sguardo opaco in quello dell’agente.

-Se devo raccontare tutto mi serve una sigaretta e i suoi uomini mi hanno preso tutto quello che avevo in tasca-

Il colonnello Fantoni tirò fuori un pacchetto di Malboro rosse dal taschino della divisa,prese una cicca, l’accese e la mise fra le labbra dell’interrogato.
L’uomo tirò un paio di profonde boccate facendo uscire il fumo in nuvole dense come la tensione che li circondava. Cominciò a raccontare.
-Francesco era un ragazzino tranquillo…-

Il colonnello fermò subito l’uomo sollevando una mano come una paletta rossa.

-Scusi se la interrompo, ma vorrei mi spiegasse unicamente cosa è successo stasera in questa casa, non mi interessa sapere altro-

Mc Donnel aspirò una lunga boccata, il volto era rimasto impassibile da quando l’avevano trovato seduto la, su quella stessa sedia, due ore prima.

-Se vuole davvero sapere cosa è successo dovrà ascoltare la storia fino in fondo, senza interrompere-

Il colonnello rimase turbato dal tono monodico della voce di Mcdonnel, aveva di fronte un uomo svuotato da ogni emozione.

-Continui con la sua storia allora, ma l’avverto tra poco dovremo portarla via-

-Non ci vorrà molto colonnello. Come stavo dicendo; Francesco era un ragazzino tranquillo. Nacque qui a San Basilio in una di queste case popolari. Sulla porta dell’appartamento della sua famiglia c’era un crocifisso, appeso mezzo per storto, sempre sul punto di cadere, come se già avesse capito che aria tirava lì dentro. Francesco aveva una famiglia normale, una famiglia “come vuole natura”. Dicono così in questi giorni vero?Francesco stava sempre a casa, non usciva mai e, anche se a volte si annoiava e altre aveva paura il tempo passava comunque. Fu quando iniziò ad andare a scuola e a conoscere i compagni e i loro genitori che scoprì che la sua famiglia era differente. Scoprì che non tutte le mamme coprono con il fondotinta i lividi, che non tutti i papà avevano quello strano odore acre e pungente e che non tutti i pavimenti delle case erano coperti dei vetri delle bottiglie rotte-

Tirò una lunga boccata Mc Donnel. Il colonnello Fantoni se ne accendeva una a sua volta mentre si muoveva sulla sedia come avesse iniziato a scottare.

-Frequentava le superiori Francesco quando suo padre lo picchiò per la prima volta. Fino ad allora non aveva mai avuto il coraggio di sfiorarlo, anzi lo rendeva suo complice.Francesco lo conoscevano in tutto il quartiere, tutti i bar e i discount. Girava con pochi spicci nelle saccocce e comprava sempre le bottiglie più grosse e meno care. Quel giorno, il primo che ce le prese, stava davanti a un discount, rimase lì impalato per mezz’ora prima di prendere la propria decisione.
Mise su un’aria risoluta, come nella testa fosse scattata una rotella,girò i tacchi e se ne tornò a casa a mani vuote, con gli spicci stretti nel pugno-

Mc Donnel spense la sigaretta nel posacenere, intreccio le mani sul tavolo e riprese a raccontare.
-Il padre lo colpì al torace e alle braccia dove non si vedono i segni, gli ruppe due costole. Il giorno dopo Francesco era a scuola con indosso un maglione per coprire i lividi, anche se era già giugno, anche se lo presero tutti per pazzo. E mentre seguiva la lezione stringeva forte il labbro tra i denti, fino a farlo sanguinare, fino a dimenticare un altro dolore. Passarono altri due anni, il padre continuava a pestarlo, la madre a proteggerlo e Francesco a vergognarsi della sua impotenza-

-Un giorno, quando aveva ormai 16 anni la madre uscì con lui mentre il padre dormiva. Gli piazzò sul palmo della mano due banconote da cinquantamila lire e gli disse solo di scappare lontano-

Mc Donnel poggiò la schiena alla sedia e distese le gambe sotto il tavolo tormentandosi le nocche escoriate.

-Stia attento colonnello perché ora viene il bello, ora si svela l’arcano-
Una lunga pausa densa come il fumo nella stanza
– Francesco sparì, nessuno ebbe più sue notizie fino a stasera. E oggi quando tornò al suo quartiere e ripassò davanti ai bar e i discount e salì a casa, in questa casa, a riconoscerlo fu solo quel cristo sulla porta, appeso mezzo per storto, sempre sul punto di cadere-

- Deve sapere che ora Francesco ha cambiato nome, ha vissuto in Inghilterra, s’è comprato degli abiti molto eleganti, le scarpe lucide, i gemelli d’oro e gli occhiali firmati-

Ora il Colonnello Guarda Mc Donnel in modo diverso, con un sorriso un po’ triste.
E Mc Donnel inizia a parlare in un sussurro.

-Quarant’anni che non entravo qui dentro. Francesco si è fatto una famiglia, due bimbe bellissime. Ora si chiama Orlando, il nome di un paladino: senza macchia e senza paura. Ma la paura torna sempre a bussare alla porta di quelli a cui ha preso l'anima. Quando si corica accanto alla moglie e le costole rotte gridano, quando si sveglia nel pieno della notte dopo un incubo dal sapore di sangue e il puzzo di vino, allora da cantuccio del suo essere si fa sentire la voce triste di Francesco. Ma alla moglie ha mentito su tutto, lei è innamorata di Orlando, Francesco la turberebbe. Così per quarant’anni sono costretto a indossare una maschera e, mi chiami pure vigliacco, la messa in scena mi inizia a piacere più della mia vera vita. Qualcuno però bussa alla mia porta, e Francesco è al settimo cielo. Scopro che mia madre è morta ormai da un anno…-

-come è possibile che lei…cioè che Francesco sia contento della morte della madre-

Orlando è stanco morto, pulisce ossessivamente il polsino, vicino ad un gemello. Una macchia di sangue piccola come una moneta, unica nota stonata nell’armonia del vestiario dell’uomo.

-La prego, mi faccia proseguire, le ho già detto che la storia la deve sentire tutta-

Il colonnello guarda negli occhi dell’uomo ed è come se vi si fosse disciolto un iceberg di dolore e rimorsi.

-Mi scusi continui pure-

-Come le dicevo Francesco quando scopre che la madre è morta ed è al settimo cielo. In quegli anni di vessazioni lei è stata l’unica a difenderlo. I vicini, tutte sante famiglie, avevano sentito le urla e i tonfi, le liti furibonde, ma quando c’era stato da lamentarsi si erano lamentati del rumore, non dei lividi, dei denti rotti…dei rumori-

Per la prima volta durante tutto l’interrogatorio, Orlando fissa il suo sguardo su quella figura distesa in terra, avvolta da quel lenzuolo bianco. Un fantasma.

-Mia madre non avrebbe mai capito, mia madre lo amava a dispetto delle botte, mia madre voleva salvarlo. Porgeva l’altra guancia, ad ogni pugno porgeva l’altra guancia-

-Ieri sera ho preso un aereo, ho passato la giornata a ricordare, rinchiuso in una stanza d’albergo. Sono venuto qui e l’ho aspettato a questo tavolo, sincronizzando la mia rabbia con il ticchettio delle lancette dell’orologio-

Un’altra lunga pausa.

-Ho sentito il tintinnio di bottiglie che sbattono tra loro e l’eco di quel suono è risalita dalla pieghe del tempo. Dopo quarant’anni passati nella vita di un altro sono tornato a casa, sono tornato in me. Lui è entrato ignaro della mia presenza, le chiavi in una mano, la busta con le bottiglie nell’altra. Non ci sono state parole, né spiegazioni, solo furia e sangue. L’ho colpito sul viso, dove feriva mia madre, gli ho rotto le costole, come aveva fatto lui con me la prima volta. Intanto le bottiglie erano andate a sbattere contro il muro, rompendosi. L’odore acre del vino scadente s’è diffuso per la stanza; e solo allora ho capito. Ho notato l’ordine, il profumo di pulito, il pavimento sgombro dai vetri. Nello stesso momento mi sono reso conto di quanto fosse vecchio e piccolo quell’uomo che mi aveva terrorizzato per una vita-

-Era il momento giusto per fermarsi, ma nessuno scappa mai di casa. L’ho ucciso cento volte per ogni notte passata nel terrore del suo rientro-

Il colonnello è più confuso che mai.
-Cosa aveva capito…che cosa la doveva fermare?-

Nella stanza entrarono due carabinieri, fecero alzare Orlando, mentre spiegavano al loro superiore che era il momento di portarlo via.

-Prima di andare controlli in quell’armadietto colonnello- indicando un mobiletto accostato alla parete - E si ricordi che non si cambia mai, non si fugge. Prima o poi si torna a casa-

I due agenti squadrano Fantoni che gli fa un cenno d’assenso. E portano via Orlando e Francesco e dietro il fantasma insanguinato del padre.

Il colonnello, rimasto solo nella stanza, si avvicina all’armadietto, si china facendo schioccare le ginocchia indolenzite e apre le due ante del mobile.
Di fronte ai suoi occhi file di bottiglie, ogni tappo al suo posto, piene fino all’orlo, intatte.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Complimenti! Questo mi è piaciuto in particolar modo ^^

Anonimo ha detto...

Abbiamo tre donne per le quali uccideremmo in comune!